mercoledì 18 aprile 2018

Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, Prima Intervista Tripla


Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi
Prima Intervista Tripla


Ciao a tutti! Bentornati su Codex Ludus e soprattutto nella nostra rubrica Luoghi da sogno & Ambienti romanzeschi, oggi è un giorno speciale, non avremo una sola intervista, nemmeno due, ma bensì tre! Intervisteremo Giuseppe Chiodi, Olimpia Petruzzella e Paolo Fumagalli. Ho lasciato le iniziali di ciascun autore e associato ad ognuno un colore... così capiremo tutti.
Lasciamo spazio ai veri protagonisti di oggi!

Dove è ambientato il tuo romanzo? Perché lo hai scelto?

G.C.: Cuore di Tufo è ambientato a Napoli. È la città in cui vivo e si prestava alla perfezione per ciò che avevo in mente. Napoli è tutt’oggi ricca di luoghi occulti, segreti, magici per i tanti superstiziosi, ed è da sempre uno dei poli esoterici d’Italia. Per di più, ha una storia millenaria in cui i misteri irrisolti abbondano (come gran parte d’Italia, per altro).

O.P.: Il mio romanzo è ambientato tra Roma, Molfetta e Londra. Ho scelto Roma perché è la città dove vivo ormai da tre anni e mezzo, Molfetta perché è la mia città (ci ho vissuto per ventiquattro anni e ci torno spesso e con piacere!) e Londra perché è la città in cui vorrei vivere. Chissà, un giorno magari, intanto ogni tanto ci vado in vacanza (soprattutto a vedere spettacoli teatrali!).

P.F.: La parte ambientata nel mondo reale è lasciata intenzionalmente vaga, potrebbe svolgersi in molti posti diversi. La maggior parte della storia invece si svolge nel Regno Sotterraneo, uno strano luogo avvolto in atmosfere oscure e autunnali e abitato da creature legate alla notte, alla stregoneria, alla morte. La particolarità è data dal fatto che il tono non è davvero horror: gli abitanti di questo regno sono bizzarri e perfino divertenti.


Da cosa è ispirata l’ambientazione? 

G.C.: L’ambientazione s’ispira principalmente al sottosuolo napoletano. Per chi non lo sapesse, Napoli è attraversata da più di un milione di metri quadrati di cunicoli sotterranei, scavati a più riprese durante la sua storia e utilizzati nei modi più disparati. Dalle case sotterranee delle popolazioni antiche alle cave e gli ipogei funerari dei Greci, agli acquedotti dei Romani (ben 400 km), ai depositi di veicoli, le vie di fuga, i rifugi antiaerei eccetera.

O.P.: Le ambientazioni sono ispirate da luoghi che hanno un certo significato per me, come ho accennato nella domanda precedente. E vale anche per i bar e i locali citati, non solo per le città.
Le città sono, quindi, quelle che conosco meglio (per Londra ho dovuto usare anche Google Maps, però sono stata quasi in tutti i posti che ho citato).

P.F.: L’idea è nata dalla voglia di unire avventure surreali come quelle di Alice nel Paese delle Meraviglie alla mia passione per l’immaginario dark e gotico. Volevo che il tono fosse leggero e spiritoso, quindi alla fine il Regno Sotterraneo è risultato un po’ simile alle atmosfere di certi film di Tim Burton, c’è quella strana mescolanza di emozioni in cui il macabro diventa gentile e buffo.


Hai mai pensato di scriverlo in un altro tempo o luogo arrivando a cambiare genere al tuo romanzo? (es. ambientazione fantastica, fantascientifica, immaginaria, in un mondo distopico, in quello attuale, ecc)

G.C.: C’erano altri luoghi in cui avrei potuto ambientare Cuore di Tufo, ma non erano altrettanto calzanti e vicini alla mia sensibilità. 
Mi è capitato di lasciarmi andare in alcune scene, piuttosto, dal momento che amo inserire una certa truculenza nelle mie storie. Se fossi andato fino in fondo, però, avremmo avuto uno splatter, e non era quella la mia intenzione.

O.P.: Onestamente no. Credo che questo sia il mio genere e non credo che questa storia avrebbe lo stesso impatto in un tempo diverso o con un genere diverso.
Però sicuramente in futuro sperimenterò altri generi, solo con altri romanzi!

P.F.: No, cambiare il tempo rendendolo un romanzo fantascientifico o distopico per me non avrebbe avuto senso. Doveva essere una fantasia oscura ma al tempo stesso delicata, una specie di fiaba bizzarra


Riesci ad immaginare la tua storia nel passato?

G.C.: Assolutamente sì. È una storia senza tempo e cambiare epoca non avrebbe causato particolari stravolgimenti di trama. Ieri, oggi, domani… gli uomini non sono cambiati dall’epoca dei miti classici e non cambieranno in quella dei miti moderni. Ecco perché ne ho scritto uno, in un certo senso: volevo che rispecchiasse un’interiorità universale e sempre attuale.

O.P.: Non proprio. Perché una coppia omosessuale sposata nel passato è un po’ un’utopia, purtroppo. E anche donne indipendenti e lavorativamente realizzate come Diana. Insomma, il mio romanzo è imperniato di cultura moderna.

P.F.:
Direi di sì, perché il tempo non è specificato esattamente e qualche particolare suggerisce che la storia non si svolga ai giorni nostri. In Bucaneve c’è qualcosa delle bambine di una volta, dell’infanzia vittoriana. Il Regno Sotterraneo e anche il mondo reale descritto nel libro hanno un’atmosfera un po’ da vecchio horror in costume, che fa pensare a un tempo passato pur essendo priva di scrupoli di ricostruzione storica esatta.


Riesci ad immaginare la tua storia nel futuro?

G.C.: Vedi sopra. Sempre se non ci estinguiamo prima.

O.P.: Ni. Un po’ più che nel passato sicuramente! Diciamo che spero che, in un futuro ideale, la mia storia sia un certo senso “superata”. Nel senso che mi auguro che non ci sarà più bisogno di femminismo e di lotte per i diritti umani perché saremo finalmente tutti uguali.
Ma dal momento che non so se questo è possibile non so appunto come potrebbe svolgersi questa mia storia nel futuro.

P.F.:
Forse in un futuro prossimo, molto simile al presente. In un futuro lontano non ce la farei proprio.


Tre posti in cui vorresti ambientare i tuoi prossimi libri?

G.C.: Ho già scritto un altro romanzo ambientato a Napoli, ma in un altro “luogo magico”. Ne sto scrivendo uno in cui l’ambientazione è l’Italia intera, sebbene diversa da come la conosciamo. Ne scriverò senz’altro uno ambientato a Roma, giacché ho qualche idea in merito. E poi si vedrà.

O.P.: Brighton perché è una città che davvero sembra essere fatta apposta per essere lo sfondo di una storia; Milano perché la sento molto “mia” come città pur essendoci stata una sola volta in vacanza; Torino perché mi affascina tantissimo fin da bambina.

P.F.: La bellezza dei paesaggi inglesi, irlandesi e scozzesi mi ispira sempre per un fantasy.
Mi piacerebbe riuscire a sfruttare qualche luogo orientale, come la Cina o il Giappone, anche solo come spunto da sviluppare in modo libero e creativo.
Lo stesso discorso vale anche per i posti in cui vivo o che si trovano abbastanza vicino a me. È una cosa che ho già fatto in alcuni romanzi e racconti, in realtà, e potrei farlo ancora in futuro.


Ora invece leggeremo qualcosa di ogni autore, partiamo con Giusppe Chiodi che ci ha lasciato un estratto del suo "Cuore di Tufo".
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Sbuco nella prima di due sale comunicanti. Una fila di candele solca le pareti e getta una flebile luce. Chi le ha accese? Harry?
Oltrepasso un letto matrimoniale coperto di terra, scanso delle auto-giocattolo ammantate di ruggine e polvere. Cammino tra sedie marcite, le gambe di un tavolo, un vecchio triciclo. Mi chino sopra una radio degli anni Quaranta. Ruoto le valvole, premo la tela beige dell’altoparlante. Soffio sul legno, adorno di muffa. Non ne fanno più di aggeggi così.
È uno dei bunker disseminati nel sottosuolo. Papà mi raccontò che la gente ci restava per giorni, settimane addirittura, perciò si portava il mobilio. La paura dei bombardamenti sfociava in paranoia. Non volevo credere che i nonni avessero vissuto in queste condizioni e invece… 
Ciò significa che l’uscita non deve essere così distante. 
Dei vani si aprono tra una candela e l’altra. Mi sporgo all’interno, illumino il fondo. Barattoli vuoti. Zucchero, sale, spezie. Le etichette riportano il contenuto.
Procedo nella seconda sala. Un altare si erge a ridosso del muro. Dietro di esso, una sagoma umanoide volge il suo cappuccio.

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Ora invece, Olimpia Petruzzella, ci parlerà di Roma con un estratto di "Il Peso delle Parole".
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Finalmente esce dal bilocale e scende di corsa le scale, ignorando di proposito l’ascensore, anche se è al suo piano. Si chiude alle spalle il portone a vetri che si affaccia su via Enna. Non guarda nulla della strada larga e piena di negozi, con i palazzi bicolori, i primi piani bianchi e gli ultimi mattone. Sono anni che vive in quel quartiere, lo conosce a memoria. Così può camminare meccanicamente sotto gli alberi di Giuda, la mente impegnata a costruire le ultime scene della sceneggiatura. Non è un caso se è sempre stata convinta che, se potesse scrivere mentre cammina, sarebbe una persona molto più produttiva.
Supera la farmacia e continua dritta fino all’incrocio. Gira la testa quando si sente salutare. Una signora sulla sessantina, con i capelli tinti color cenere, le sorride calorosa. Rappresenta un po’ il target di quel quartiere, l’Appio Tuscolano, composto principalmente da pensionati e famiglie. Un po’ un mortorio, specie la sera, ma ha i suoi innegabili vantaggi: ben servito dai mezzi e frequentato da persone solari e simpatiche anche se, indubbiamente, impiccione. Quel quartiere è come una piccola città, è un po’ come vivere ancora a Molfetta, ma con l’indubbio vantaggio di poter scappare in un’altra zona, in un altro quartiere in qualunque momento ne abbia voglia. Basta solo prendere la metro.
Ha scelto proprio bene la sua zona, anche se inizialmente l’ha puntata solo perché abbastanza centrale – ma più economica di altre – e culla dell’élite cinematografica italiana. Da Marcello Mastroianni a Silvana Mangano a Gigi Proietti, lì hanno vissuto alcuni dei più grandi. E lei, che vorrebbe arrivare a quei livelli, non ha potuto fare altro che prendere casa lì. Non come gesto scaramantico, bensì come auspicio di buona fortuna.
Svolta a sinistra su via Crema e, come sempre, si sofferma ad ammirare i murales alla base dei palazzi. Le lettere grigie sembrano messe a caso e sono più alte di lei, cosa che le strappa sempre un sorriso. Non ci vuole molto a essere più alti di lei.
Tre isolati e si ritrova su via Biella. Quella strada è talmente familiare ormai che nemmeno deve stare attenta a quelli che, prima, erano i suoi personalissimi punti di riferimento: il bar e il garage. E poi, naturalmente, ci sono le tre villette. Le prime volte rischiava di confondersi e di suonare alla seconda. Anzi, una volta l’ha fatto davvero. Per fortuna non c’era nessuno in casa, visto che non le hanno risposto. E così è tornata indietro e Vanessa il giorno dopo è andata da lei chiedendole che fine avesse fatto il giorno precedente.
Dopo quella volta, non sbaglia più. Si ferma, infatti, davanti al cancello della terza villetta, al numero 34. Il soriano, che l’aspetta sulle scale, le si struscia contro la gamba. Diana si china ad accarezzarlo.

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Infine, Paolo Fumagalli, ci parlerà di  "Bucaneve, nel Regno Sotterraneo", proprio per questo ci ha lasciato questo stralcio del suo romanzo.

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Bucaneve voltò la testa e si accorse di trovarsi sulla sommità di una collinetta. Per quel che si poteva vedere da lassù, il misterioso Regno Sotterraneo era esteso in orizzontale non meno di quanto lo era in verticale, con una successione di valli, boschi, colline, paludi e altri luoghi diversi che offrivano uno spettacolo un tantino malinconico, ma anche suggestivo. Un’altra cosa parecchio strana, e perfino difficile da immaginare, era che tutto ciò che era visibile in quel vasto mondo pareva diviso in due. Alcune zone, quelle più vicine all’albero morto, erano avvolte dalle tenebre notturne e rischiarate dalla luce del plenilunio. Altre, più lontane, erano soffuse di un freddo chiarore grigiastro, simile a quello di una fila di panni stesa ad asciugare.

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Allora cosa ne pensate? Quale autore preferite? Acquisterete tutti e tre i loro romanzi?
Rimanendo con questi interrogativi devo proprio lasciarvi. Ciao e alla prossima!

*Enrico*



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